Non posso piu’s aspettare

19 novembre 2012

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Autunno 1988: abbiamo venduto la nostra casa di Palermo e ci apprestiamo ad affrontare il nostro primo inverno a San Martino delle Scale, nella casa dove passiamo tutte le nostre estati da molto tempo prima che nascessi. Diciamoci la verità, è una casa per l’estate e non è pronta ad ospitarci anche nei mesi freddi. Mio padre però la pensa diversamente ed è tutto concentrato a raccogliere legna per rendere il camino efficiente. Così tanto efficiente, che ormai abbiamo tutti i vestiti che profumano solo di legna bruciata. L’anno scorso eravamo riusciti ad evitare questa esperienza: mia madre era troppo giù, per via della vendita della nostra amatissima casa di Palermo, lasciata dopo18 anni. Mio fratello Marco, inoltre, si stava trasferendo definitivamente in Germania e mio fratello Fabrizio, che aveva vissuto a San Martino negli ultimi 5 anni, stava traslocando in una casa di città, Mio padre, quindi, ci aveva trovato un’abitazione temporanea a Mondello, solo per i mesi invernali.
Quest’anno, invece, dovremmo essere più abituati e quindi niente sconti!
Ma non è l’inverno che mi preoccupa, quanto l’improvvisa malattia di mio zio Alfredo, la nostra presenza costante nelle estati sanmartinensi e il nostro punto di riferimento in ogni situazione di bisogno. E sì, si è ammalato e sembra che non sia una cosa da niente. Pare che abbia qualcosa che gli crea scompensi nell’equilibrio e anche nel parlare. Dovrà fare degli accertamenti
Gennaio 1999: il freddo è veramente intenso. Ha anche nevicato e siamo rimasti bloccati a San Martino, perché le strade sono piene di neve e certo non ci possiamo aspettare che intervengano gli Spalaneve. In Sicilia! A Palermo! Figuriamoci!!!. Meno male che con me c’è anche il mio amato Fabio. Mi padre ha avvolto della carta nei tubi che portano l’acqua dentro casa e gli ha dato fuoco. Siamo alle solite, il solito pasticcione! Eppure, difficile ammetterlo, è riuscito nell’intento: adesso l’acqua scorre di nuovo dentro casa.
Questo maledetto, rigido inverno si è portato via anche il mio cane, il mio caro Argo. Forse non è riuscito a resistere alle basse temperature o forse qualcos’altro. Non lo sapremo mai. Lo abbiamo seppellito sopra il campo da tennis, facendo un bel funerale, con tanto di fiori e di preghiera.
Le condizioni di mio zio Alfredo peggiorano inesorabilmente. Mio padre è andato anche a Verona a fare vedere ad un suo amico oncologo, che dovrebbe capirne di queste cose, tutti gli esami sino ad ora fatti dallo zio. La diagnosi è sconfortante. Ha un tumore al cervello e non solo. Non è operabile e ormai è solo questione di mesi. Sono veramente sconfortata, anzi, sono straziata dal dolore. Mi viene in mente come la vita sia davvero crudele e come possa essere breve, soprattutto per le persone più buone del mondo. E così, presa dallo sconforto e dalla paura, tra le lacrime dico a mia madre che non posso più aspettare. Non voglio svegliarmi domani e non potere realizzare ciò che desidero ormai intensamente da anni. Voglio sposarmi! Voglio iniziare la mia vita con il mio adorato Fabio, ora e subito. E’ vero, non siamo ancora autonomi, visto che io sono laureata da poco e lui ancora studia. Ma se facendo tutte le cose in regola, se aspettassimo di avere una posizione lavorativa definita, poi non fosse più possibile??
Stranamente questa decisione trova l’appoggio dei nostri genitori, pronti a sostenerci in questa folle avventura, che apre una luce nella lugubre atmosfera dell’attesa della morte.
Iniziano i preparativi. Ovviamente la “partecipazione” viene data anche allo zio Alfredo, che è ormai è bloccato in un letto, irriconoscibile. Però è contento per me, è contento per noi e spera di poterci essere.
5 ottobre 1999: è il mio matrimonio. Sono felice, nonostante mio padre mi continui a guardare con quegli occhi tristi e sempre ad un passo dalle lacrime. Lo zio Alfredo non c’è più, ci ha lasciato lo scorso maggio, non ce l’ha fatta. Nonostante non sia presente, io so che lui c’è, lo sento. E il mio bellissimo bouquet da sposa è solo per lui. Ho deciso di non lanciarlo, come fanno di solito le spose per vedere chi sarà la prossima fortunata. . Il mio lo porterò allo zio Alfredo e lo lascerò sulla sua tomba, così che lo possa renderlo partecipe della mia felicità.

Valeria Inzerillo – Texte / Text / Testo
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