Tutti in piazza

9 janvier 2013

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Balduccio Bellaria, sindaco della città, a ogni angolo di strada sorrideva dai cartelloni 6×3. La città pulita è per tutti, diceva lo slogan sotto il bagliore dei suoi denti. Il traffico impazzava. I lavoratori precari si arrampicavano sui tetti del Palazzo Civico. Alcuni si incatenavano al portone. E lui, sin dall’inizio del mandato, sorrideva dappertutto. Occorre riconoscergli che, negli anni, aveva cambiato diverse pose: leggermente di lato, di profilo, in primo piano frontale e varie altre suggerite dal fotografo. Ma il sorriso sbieco e lucidato gli restava appiccicato sotto le labbra. Quando, dalla poltrona di sindaco, rilasciava interviste alla stampa usava guardarsi attorno in cerca di qualsivoglia superficie di vetro potesse restituirgli la sua immagine riflessa. Ultimamente era infastidito dall’invadenza di talune istituzioni. L’aumento della tassa sui rifiuti era stato annullato dal Tribunale Amministrativo Regionale. Bisognava restituire anni di maltolto ai cittadini. E ora dove li avrebbe trovati ‘sti soldi ? Balduccio masticava imprecazioni fra i denti e, intanto, ne esibiva lo splendore. Risolse allora di sparpagliare per le vie della città un contingente di vigili urbani e di ausiliari del traffico. A fare multe. I cittadini caracollavano così sotto l’incremento delle imposte locali e delle contravvenzioni.

Quel giorno, sin dal mattino, era stato grigio, di quelli con il cielo coperto, di pioggia mancata, di afa umidiccia. Totò, tuta blu e cassa integrazione guadagni, rientrò a casa dopo avere percorso il solito vialetto recintato da muri di monnezza. Ritirò dalla cassetta delle lettere la cartella esattoriale della tassa sui rifiuti e una notifica di contravvenzione per un totale di 318 euro. Imbestialito aprì la porta d’ingresso, entrò in cucina dove il suo penultimo figlio, Ronni, dieci anni e quattr’ossa, stava febbricitante nel suo lettino. Il medico aveva scosso la testa. È sottoalimentato, anemico, diceva. Deve mangiare carni rosse, pesce, spinaci, legumi… Totò aveva fatto un rapido conto: circa 15 euro al giorno solo per Ronni. In tasca 740 di C.I.G. L’affitto non lo pagava. Abitavano da sua suocera, Carmela Picciurro, settant’anni e una lingua di trenta metri. A lui toccava pagare da mangiare, le bollette, le tasse comunali e tutto il resto. Totò guardò Ronni, giarno e secco come una canna. Divenne rosso iperteso, uscì per strada. Come un furetto saltò sul 102. Dieci fermate dopo si scaraventò fuori dalla bussola come un missile sin davanti al Palazzo Civico. E lì, sulla piazza antistante, fra i fasti dei palazzi ottocenteschi, si tuffò nello specchio d’acqua della vasca barocca. Tutt’attorno gironzolava lieta una frotta di turisti americani – pantaloni a quadretti e camicia hawaiana -, sbarcati al mattino dalla nave Crociere Cresta dei mari. Scambiarono Totò per un artista di strada. Si disposero attorno alla fontana in semicerchi, in file successive. Con un’espressione aperta e carica di aspettative, attesero di vedere la scena successiva. Totò uscì fuori dall’acqua. Senza mezzi termini si diresse in fondo alla piazza, verso le scale che sboccavano in un vicolo intonacato di rifiuti. Cominciò a raccogliere quanti più sacchi di immondizia riusciva a tenere agganciati alle dita. Ripartì a larghe falcate verso la fontana. Questa volta non si tuffò. Immerse invece tutti i sacchi che aveva tra le dita, uno per uno. Quindi tornò nel vicolo e ripeté l’operazione finché i cassonetti e il vicolo furono vuoti e la vasca barocca piena. A questo punto, si diresse verso alcuni manifestanti – lavoratori precari del Comune – che lanciavano slogan di protesta nell’indifferenza generale. Individuò quello col megafono e glielo sfilò con destrezza. Il precario restò basito, bocca spalancata e dita che brancolavano nel nulla. Non ebbe il tempo di reagire che Totò si fiondò verso la fontana, infilandosi nell’acqua e tenendo alto il megafono. Immerso fino alla vita, fra i sacchi d’immondizia colorati e tutti gli odori del purgatorio, avvicinò il megafono alla bocca. I turisti si emozionarono per la suspense dello spettacolo.
“Balduccio Bellaria…, ci hai scassato la minchia!” gridò a pieni polmoni Totò. E prese a ripeterlo per dodici lunghi minuti, al termine dei quali si dedicò a un serrato lancio dei sacchi verso il Palazzo. I turisti americani applaudivano entusiasti dell’interpretazione. Nonostante non conoscessero la lingua, erano contenti di cogliere l’unica parola da tempo approdata sulla scena linguistica internazionale. Fra lo scrosciare degli applausi, Balduccio, giacca di shantung di seta, pensò bene di apparire al balcone d’onore, ritenendo che quel clamore di battimani fosse rivolto a lui. Appena l’usciere in livrea Gigi Lo Bello aprì le imposte, il Sindaco si accasciò sotto i colpi di pesanti proiettili variopinti inzuppati d’acqua. L’usciere in livrea per metterlo al riparo provò subito a disseppellirlo e a trascinarlo verso l’aula consiliare. Fuori Totò sedeva sfinito sul bordo della vasca barocca. I turisti giubilavano inneggiando nella loro lingua al colore locale. Presero a lanciare monetine verso la fontana. Totò cominciò a scansarle. Intanto i tre precari si tuffarono per arraffare i centesimi. Totò restò spiazzato ma, quando gli americani passarono alle monete da uno e due euro, non ebbe esitazioni: con slanci degni di un acrobata, cominciò ad afferrarne quante più poteva. L’euro, si sa, è moneta pesante. Si riempì di ecchimosi. Ma nulla avrebbe potuto distoglierlo dalla foga della raccolta e dalla competizione con la concorrenza. Dopo una dura resistenza, quando il lancio di euro cessò, Totò controllò il volume delle pluritasche della sua tuta da metalmeccanico, che neppure la cassa integrazione aveva potuto strappargli di dosso. Si sedette a contare: 153 euro! Quando vide ballonzolare nella sua direzione i tre precari bagnati fradici con sguardo da volpe, chiuse in un lampo tutte le cerniere, gonfiò i muscoli e gli piantò addosso uno sguardo da toro scatenato. Intanto, dal portone del Palazzo Civico accorse in drappello la polizia municipale alla ricerca dei criminali che avevano attentato al pregiato monopetto di Balduccio. Certi del fatto loro, puntarono dritti sui tre precari a bagno. Totò, lesto d’ingegno e di movimenti, schizzò via imboccando una viuzza laterale. Da lì marciò verso casa lungo Discesa della vittorietta.

Liliana Pettinato